Conte Zi Prete
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“Zi prete” prega per Giuseppe Conte. Ma forse non basta

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Per Giuseppe Conte è il giorno dell’esordio assoluto. A mezzogiorno è atteso nell’aula del Senato per pronunciare il suo discorso programmatico e chiedere la fiducia. Per il premier è la prima volta in un’assemblea parlamentare. L’emozione inevitabilmente si farà sentire. Così ieri si è chiuso tutto il giorno a Palazzo Chigi per buttare giù il suo intervento.  Al professore è richiesto un esercizio di equilibrismo. Deve tenere insieme la retorica populista gradita ai Cinquestelle e la sobrietà raccomandata dal Quirinale. Così il suo intervento si annuncia come un bel pastone ispirato da sensibilità diverse. Quella leghista, che si aspetta di sentire parole significative sulla flat tax e il superamento del regolamento di Dublino; quella pentastellata, che chiede impegni al capo del governo su reddito di cittadinanza e superamento della Fornero; quella del Colle, che non vuole tentennamenti rispetto all’adesione all’Unione europea.

A chiacchiere, non sarà un’operazione tanto complessa. Mettere in pratica le promesse, ecco, quello sarà più difficile. Dalla sua Conte ha la benedizione dello zio prete che ieri, intervistato a Un Giorno da Pecora, ha rivelato di dire tanti rosari per l’esecutivo grigioverde. Le preghiere, tuttavia, non moltiplicheranno i numeri della maggioranza grillo-leghista. Che al Senato ballerà non poco. L’ipotesi di ricevere una mano da Giorgia Meloni sembra sfumare. A Palazzo Madama è cambiato il regolamento. L’astensione non equivale più a un voto contrario. Per cui se Fratelli d’Italia decide di non votare per agevolare l’avvio dell’esecutivo Conte, rischia di finire per essere conteggiata tra le forze che sostengono la maggioranza. Ciò la esclude dalla distribuzione degli incarichi nelle Commissioni di garanzia. Così gli ex An potrebbero unirsi a Forza Italia e Pd nel voto contrario. Perché buoni sì, fessi no.

Cinquestelle più Lega al Senato hanno 167 voti, sei in più rispetto al quorum (161). Allora prende piede l’ipotesi della “grazia” per i senatori grillini che erano stati sospesi in campagna elettorale per via delle mancate restituzioni. Maurizio Buccarella e Carlo Martelli si erano tenuti più stipendio del dovuto. Contravvenendo a una delle regole auree del Movimento, erano stati allontanati con infamia. Ora, però, il loro voto può risultare determinante e Luigi Di Maio sembra essere più indulgente rispetto al passato. Sei voti sono davvero pochi. Anche in considerazione del fatto che alcuni senatori gialloverdi sono stati promossi ministri. E altri diventeranno sottosegretari. Il completamento della squadra di governo sarà forse rimandato alla prossima settimana. Incassata la fiducia (scontata) del Parlamento, Conte partirà per il Canada, dove parteciperà al G7. In ogni caso, lo schema che dovrebbe essere adottato per la distribuzione degli incarichi di sottogoverno è quello della “marcatura a uomo”. Per ogni ministro grillino ci sarà un vice leghista a fare da “controllore”. E viceversa.

Il Carroccio insiste per avere la delega alle Comunicazioni. Ieri l’argomento è stato anche al centro di un incontro tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi a Milano. Il “capitano” candida per quella poltrona un suo fedelissimo, il giornalista Alessandro Morelli. Di Maio, però, non sembra d’accordo e vorrebbe tenere per sé la delega. Il segretario federale della Lega punta anche ai Servizi segreti, competenza che vorrebbe vedere affidata a Giancarlo Giorgetti. Che dovrà vedersela però con la concorrenza del grillino Vito Crimi. Un’altra poltrona delicata è quella di vice ministro alla Giustizia. Salvini propone Nicola Molteni, che è anche in pole per diventare capogruppo della Lega a Montecitorio. La Liguria spinge per Edoardo Rixi: ieri è sceso in campo anche il governatore Giovanni Toti per chiedere che sia affidato un incarico governativo al deputato leghista. Per lui si parla dell’Economia o delle Infrastrutture. Infine resta l’assegnazione, non meno delicata, della delega all’editoria, appartenuta nella scorsa legislatura a Luca Lotti. Il suo successore potrebbe essere il giornalista e neo senatore pentastellato Primo Di Nicola.

 

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