Silvio Berlusconi (Instagram)
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Casse vuote. E Forza Italia chiede di rottamare le cartelle di Equitalia

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Tempi duri per i partiti. Forza Italia, che non può più attingere liberamente alle ricchezze del suo leader, sta messa peggio di altri. Erano gli anni ruggenti quando, grazie alle generose elargizioni del capo e ai milioni del finanziamento pubblico, gli azzurri nuotavano nell’oro. Oggi il movimento di Silvio Berlusconi affoga nei debiti. Tanti. Così lo scorso 15 maggio Fi ha aderito alla cosiddetta “rottamazione bis” chiedendo uno sconto sulle vecchie cartelle di Equitalia mai pagate. Eppure, quando alla fine del 2017 arrivò in Parlamento il decreto fiscale, contenente la sanatoria, Forza Italia votò contro. Ora ci ripensa. E ne approfitta.  

L’amara ammissione è contenuta nella relazione dell’amministratore del partito, il senatore Alfredo Messina, che la scorsa settimana ha sottoposto al vertice azzurro il rendiconto 2017 chiedendone l’approvazione. “La dichiarazione di adesione alla definizione agevolata”, scrive Messina, è stata presentata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione nell’ultimo giorno utile e riguarda “diverse cartelle di pagamento di competenza di esercizi precedenti”.

99 PROBLEMI

Forza Italia chiude il bilancio dell’anno scorso con un avanzo di 1,3 milioni. Sono i debiti pregressi che fanno paura. Erano 100 milioni, adesso sono 99. L’unica consolazione è che i creditori non sono più le banche ma Silvio Berlusconi. Questo vuol dire due cose: che il Cav non metterà in mora la sua “creatura” per avere indietro quei soldi; che Forza Italia è Berlusconi, chiunque pensi di volergli sfilare il partito, deve mettere mano al conto corrente. Ma pesantemente.

Se il presidente è un creditore paziente, altri lo sono meno. I fornitori che non sono stati pagati hanno citato in giudizio Fi. Devono avere 2,5 milioni di euro. Il risultato è che l’unica fonte di finanziamento, il 2 per mille, risulta pignorato. I supporter che vogliono destinare una parte delle proprie tasse a Forza Italia rimarranno delusi. Quei soldi, gli azzurri non li vedranno mai. Nel 2017 sono stati 850mila euro, in aumento rispetto al 2016 (+10%), ma sempre meno di quello che incassano Pd, Lega e Fratelli d’Italia.

L’avvicinarsi delle elezioni e il desiderio della ricandidatura hanno spinto i parlamentari a mettersi in regola con le quote mensili. Anche se, annota Messina, “molti non hanno ancora pagato”. E, non essendo stati rieletti, probabilmente non pagheranno mai. Deputati e senatori hanno versato 684mila euro rispetto ai 389mila dell’anno precedente. Pure i consiglieri regionali si sono passati una mano sulla coscienza (e sul portafoglio). La somma delle quote mensili è passata da 44mila a 305mila euro. Altri 419mila euro arrivano dal tesseramento.

SOLDI ALLA MERKEL

Con il caveau vuoto, Forza Italia ha dovuto rimodulare tutte le voci di spesa. Che possono essere onorate soltanto perché il Cav, facendosi carico del buco da cento milioni, ha permesso al suo partito di bussare di nuovo alla porta delle banche chiedendo nuovi prestiti. Da qualche mese è stata riattivata la sede di San Lorenzo in Lucina, ma rispetto a prima sono solo poche stanze. Per le quali Fi versa un canone annuo di 132mila euro. Resta sotto controllo la voce stipendi, visto che negli ultimi anni il personale azzurro è sceso da 71 a 3 unità, una delle quale è anche in aspettativa. C’è poi da contribuire alla famiglia dei popolari europei. Sedere ai vertici accanto a Angela Merkel ha un costo salato: Forza Italia versa 96mila euro l’anno come quota di iscrizione al Ppe.  

 

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