Amministrative 21, chi ha fatto perdere dove: nel centrodestra si litiga

Le elezioni amministrative sono andate così così. Salvini accusa Meloni per il ritardo nella scelta dei candidati. Meloni accusa la Lega per le dichiarazioni pro Calenda. E Forza Italia non vuole andare al voto anticipato. Tutto ok, insomma.

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Alla fine i leader del centrodestra si sentono. E promettono a Giorgia Meloni, promotrice del contatto, il proprio impegno per i ballottaggi. Uno in particolare, che sta a cuore alla presidente di Fratelli d’Italia, quello di Roma. Ma le telefonate arrivato al culmine di una giornata fatta di frecciatine reciproche neanche tanto cordiali. 

“Mi sono sentita sia con Salvini che con Berlusconi”, riferisce Meloni intervistata a Porta a Porta, “per avere la conferma di una presenza ancora più significativa, decisa e compatta del centrodestra in queste due settimane, mi paiono molto convinti”. 

Tuttavia restano le diversità di vedute. Anzitutto sull’insuccesso elettorale nei Comuni. E poi sulla strategia politica. Con Lega e Forza Italia che snobbano la proposta meloniana sul Quirinale. Una cosa tipo: convergiamo sul nome di Mario Draghi per accelerare la fine della legislatura. Con quale prospettiva? Le urne di domenica hanno un po’ smontato il mito del centrodestra come invincibile macchina da voti. Scenario accreditato dai sondaggi, ma reso meno certo dal risultato elettorale. La coalizione fatica in alcune aree del Paese e, in più, i leader sembrano più concentrati sulle performance dei rispettivi partiti, piuttosto che pensare alla causa comune. 

Salvini offre la sua lettura dei dati elettorali: “La Lega ha 69 sindaci in più, questo è un dato oggettivo”, sottolinea. Poi è anche vero che, facendo il raffronto con le Politiche 2018, il Carroccio arretra un po’ ovunque, specie nelle grandi città. Una parte delle preferenze in uscita vengono intercettate da FdI. Che è il primo partito nella capitale. Forza Italia deve accontentarsi dell’exploit in Calabria. Ma la gioia finisce qui. Nelle metropoli è tutto un segno meno. 

Il leader leghista punta il dito contro gli alleati, che hanno rallentato il processo di scelta dei candidati. “Andai a pranzo con Gabriele Albertini. Poi qualcuno ha fatto altre scelte… “, ricorda il segretario leghista. “Su Milano abbiamo fatto tardi noi, per litigi e beghe. Chi non ha votato non ha votato per colpa nostra. Tutti abbiamo sbagliato qualcosa”. 

Meloni invece se la prende con il “tafazzismo” di chi ha fatto “dichiarazioni allegre”, come quelle di Giancarlo Giorgetti in favore di Carlo Calenda. Michetti, però, “può giocarsela alla pari” con il candidato del Pd. “Io”, prosegue, “non mi sento sconfitta, FdI ha avuto un’ottima affermazione che intendo rivendicare”.
La presidente di FdI poi fa una domanda agli alleati che sa di proposta: “Il centrodestra è d’accordo sul fatto che Draghi potrebbe essere un buon presidente della Repubblica e che in quel caso si potrebbe tornare a votare subito. O qualcuno pensa davvero di mettere un’altra persona al governo senza passare per il voto dei cittadini?”.

I soci della coalizione replicano con freddezza. “Io a ottobre parlo di ottobre, non del Quirinale di febbraio”, taglia corto Salvini. Di lì a poco esce anche la replica di Forza Italia: “Non c’è alcun accordo nel centrodestra sull’ipotesi, avanzata da Giorgia Meloni, che Mario Draghi diventi il prossimo presidente della Repubblica e che quindi si torni al voto subito”. Semmai la tesi di Silvio Berlusconi è un’altra. Che Draghi debba rimanere a Palazzo Chigi fino a scadenza della legislatura. 

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