Gli insulti dei Cinquestelle a segno: Berlusconi svalvola al Quirinale.

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Fare la spalla non è la specialità di Silvio Berlusconi. Al Quirinale se ne sono accorti anche gli arazzi. Il Cavaliere, al termine delle consultazioni, dà la parola a Matteo Salvini presentandolo come “il nostro leader”, poi gliela toglie per attaccare il Movimento 5 Stelle: “Analfabeti della democrazia”.

Ma quello che accade davanti alle telecamere, nel salone d’onore della Presidenza della Repubblica, è solo l’epilogo di una giornata complicata. Il martellamento antiberlusconiano dei grillini inizia a minare le basi dell’alleanza. Luigi Di Maio sta raggiungendo il suo obiettivo. Anche perché il Cavaliere reagisce d’istinto. E’ offeso. E la cosa compromette la sua capacità di analisi politica.

“Non ci vengo con te al Quirinale”

La telenovela comincia mercoledì sera. Quando l’ex premier, non condividendo la linea filo grillina di Salvini, annuncia di non voler salire al Colle con lui. In mattinata poi ci ripensa. E  convoca un pre-vertice a Palazzo Grazioli con gli alleati. C’è da rimettere a punto la linea comune, perché quella decisa domenica scorsa ad Arcore è stata messa in crisi da Salvini in tempo zero. “Scriviamo un comunicato”, propone Silvio a Matteo, “lo leggi tu, ma io devo essere d’accordo su tutte le parole”. Cominciano due ore di liti e tensioni. Il centrodestra, è questa la mediazione finale, chiede un “governo di alto profilo, credibile in Europa e nel mondo, guidato da una personalità indicata dalla Lega” e senza far prevalere “i veti” e “l’arroganza dei singoli”. Il Cav ottiene la citazione del “vertice di Pratica di Mare”, dove mise d’accordo Bush e Putin, ma deve rinunciare ad attacchi più espliciti verso i grillini, che pure avrebbe voluto inserire.

Il dubbio di Mattarella: che ci fanno insieme?

Tutti d’accordo? Macchè. I rimbrotti tra Berlusconi e Salvini continuano anche davanti a un imbarazzato Sergio Mattarella. Il Cavaliere torna a lamentarsi con il Capo dello Stato dell’atteggiamento “insolente” che hanno i Cinquestelle nei suoi confronti, “irrispettosi del mio consenso e della mia storia”. Invece il leader del Carroccio continua a considerare i pentastellati come i partner predestinati di una alleanza di governo. Gli unici. La nutrita pattuglia di centrodestra (sono in nove) si alza senza che il Capo dello Stato abbia capito qual era la linea comune e perché hanno insistito per presentarsi tutti insieme.

Berlusconi, Salvini, Meloni

Il tempo delle strette di mano e arriva lo show berlusconiano davanti alle telecamere. Silvio “presenta” lo speaker della coalizione: “E’ il nostro leader, leggerà uno comunicato. E lo farà bene, perché abbiamo discusso a lungo sulle parole”. Mentre Salvini legge, il Cav mima con le mani, fa le facce. Non è soddisfatto. Vuole parlare. Allora l’ex premier accompagna verso la porta Salvini e Meloni e poi torna sui suoi passi per prendersi la scena con le tv. Da solo: “Sappiate distinguere chi è democratico e chi non conosce l’abc della democrazia”. Questa appendice contro Di Maio non era prevista né concordata. Salvini e Meloni se ne vanno lasciando Berlusconi da solo in cortile. Nel fuggi fuggi generale Silvio riesce ad “arpionare” solo Giorgetti: “Giancarlo, vieni qui. Io sono con te, ma occhio ad andarti a prendere i voti dei comunisti…”, è la frase sibillina. Che cosa diamine voleva dire?

 

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