Luigi Di Maio (Instagram)

“La lista dei giornalisti raccomandati”. Di Maio ci casca di nuovo (ed è pure indagato)

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Sparano una bomba al giorno. E ieri era il turno di Luigi Di Maio. E’ sbagliata l’idea di censire i rom, dice il capo politico del Movimento Cinque Stelle. Meglio schedare i raccomandati. In Rai e nella Pubblica Amministrazione. E bingo: il titolo sui giornali del giorno dopo è fatto. “Bisogna fare un censimento dei raccomandati nella Pa e anche in questa azienda”, annuncia il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro intervistato a Porta a Porta. Non è “un’azione intimidatoria”, minimizza Giggino, però “su questo, se c’è un governo del cambiamento, dobbiamo ristabilire un po’ di merito”.

Chi pensa a uscite estemporanee, a gaffe o scivoloni, probabilmente sottovaluta le qualità comunicative dei due vice premier. Che indirizzano i timoni dei giornali e dei tg proprio dove vogliono loro. Cioè lontano dal caso giudiziario scoppiato intorno allo Stadio della Roma. Che ha investito il M5s e, di striscio, la Lega e gli altri partiti. L’altro giorno, dal nulla, Matteo Salvini ha tirato fuori la mina del censimento dei rom. E ha funzionato. I titoli erano tutti sul nuovo “delirio razziale” del leader leghista. La storia di Parnasi e dei suoi bonifici? In taglio basso, indietro nello sfoglio dei quotidiani, giù nelle pagine dei siti di informazione. Ieri l’operazione è stata riproposta da Di Maio. E la sinistra, particolarmente fessa in questa congiuntura politica, ha dato una mano, cascandoci dentro con scarpe, calzini e bermuda.

“Con la boutade sui raccomandati, Di Maio vuole schedare lavoratori e giornalisti Rai? Ricordi che il Minculpop c’è già stato, e non portò bene né all’Italia né agli italiani”, dice il senatore del Pd Francesco Verducci. “La parola d’ordine degli ultimi due giorni di governo è censimento”, annota Alessia Rotta su Facebook, “Di Maio non può perdere il passo di Salvini e, quindi, propone di censire tutti i raccomandati che ci sono nella Pubblica Amministrazione e di schedare i giornalisti. Se fossi in lui”, prosegue la deputata democratica, “partirei da quelli che hanno trovato posto in questi anni nel M5S alla faccia della trasparenza e della meritocrazia, partendo proprio da Lanzalone, senza trascurare i vari Marra e Casalino, per non parlare, poi, degli amici, fidanzati e parenti chiamati a rivestire incarichi di collaborazione alla Camera e al Senato e delle finte parlamentarie che hanno portato nelle aule i preferiti del capo”. Di Maio, commenta il senatore dem Tommaso Cerno, “ha imparato in fretta la parola censimento da Salvini e non vedeva l’ora di usarla anche lui. Così il governo dei due mezzi premier ha ingaggiato una gara a chi censisce di più. Con la Lega decisamente avanti sugli inseguitori a Cinque stelle”, conclude l’ex vice direttore di Repubblica.

In effetti l’argomento è molto scivoloso per Di Maio. Non è la prima volta che compila elenchi di giornalisti fastidiosi. Un vizietto per cui, a tutt’oggi, risulta indagato per diffamazione dalla Procura di Roma. I fatti risalgono al febbraio 2017, quando l’allora vice presidente della Camera invia una lettera al Presidente dell’Ordine dei giornalisti con elenco allegato di cronisti che, a detta del capo politico grillino, si accaniscono eccessivamente contro il suo Movimento andando oltre il proprio dovere di critica. Si alza un polverone. Alcuni dei nominati decidono di rivolgersi alla magistratura. E’ il caso di Elena G. Polidori del Quotidiano Nazionale. Al Tribunale di Roma viene aperto un fascicolo. Il Giudice per le indagini preliminari archivia il procedimento, ma il difensore della parte offesa ottiene l’annullamento del decreto di archiviazione. L’ironia della sorte vuole che mentre Di Maio annuncia la nascita del primo governo senza indagati, a Montecitorio viene protocollato il fascicolo che lo riguarda. E che lo vede sotto inchiesta. Il procedimento probabilmente sarà stoppato se il vice premier farà uso delle sue prerogative parlamentari. Anche se Di Maio ha sempre detto di non volersi fare scudo con l’immunità.

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