Senato della Repubblica

Ecco la Terza Repubblica: in due mesi il Senato ha lavorato 14 ore e 27 minuti

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Che bella cosa la trasparenza. Ma certi fatti sarebbe meglio non saperli. Al Senato, invece, ci tengono a essere una casa di vetro. Meritorio, per carità. Hanno addirittura un contatore, dove il cittadino può verificare quanto abbiano lavorato i rappresentanti del popolo. In questa legislatura, che stenta a carburare, certi numeri non meriterebbero pubblicità. Il travaso di bile è assicurato. Però, se proprio ci tenete a conoscere la verità, eccola: in due mesi, l’aula di Palazzo Madama ha lavorato esattamente 14 ore e 27 minuti. Vogliamo farci ulteriormente del male? Prendiamo il bilancio previsionale 2018: 60 giorni di funzionamento della Camera alta costano al contribuente 91 milioni di euro. Il che significa, dividendo, circa 6,5 milioni di euro all’ora.

ALLA CAMERA 7 SEDUTE IN 60 GIORNI

Però ci hanno spiegato che, in attesa della formazione del governo, è la Commissione speciale a smazzarsi il duro lavoro parlamentare. Come no: l’organo presieduto dal grillino Vito Crimi ha proprio osservato ritmi da “miniera”. In otto settimane si è riunita per quattro ore. Due ore al mese. Alla Camera si viaggia alla media di 3,5 giorni di lavoro al mese. Ogni seduta – in totale sono state sette – è costata al cittadino 23 milioni di euro. E non ha prodotto leggi, ma soltanto poltrone: nove segretari d’aula, oltre al presidente Roberto Fico e al resto dell’ufficio di presidenza. L’ottava seduta è in calendario per lunedì prossimo, dopo 18 giorni di sospensione. Il Transatlantico è vuoto, la Buvette deserta, la sala lettura popolata da ex parlamentari che, spaventati dal taglio ai vitalizi, presidiano il territorio in attesa di sapere il proprio destino. Se cerchi deputati, li trovi in coda allo sportello interno del Banco di Napoli. Attratti dal mutuo a tasso variabile. La legislatura dura? Probabilmente ne sa più il consulente del ramo crediti che il Quirinale.

Chiariamo: la questione non è la classe politica sfaticata. Il problema è far partire la macchina legislativa. Per innestare la marcia vanno formate le Commissioni parlamentari. Ma queste non possono cominciare a lavorare senza che ci sia un governo in carica. Così dicono la prassi e la dottrina. Eppure ci sono stati tre precedenti nella storia (1976, 1979 e 1992) in cui, a inizio legislatura, le Commissioni sono state formate prima della fiducia all’esecutivo. Il caso è stato sollevato dalle capigruppo di Forza Italia Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini. Sul tema c’è anche un dossier preparato dall’ufficio studi della Camera. In particolare è interessante il precedente del ‘92. Quando Montecitorio iniziò a lavorare sulle leggi senza attendere il via libera da Palazzo Chigi. Insomma, ai tempi di Craxi e De Mita si faceva.

All’inizio della scorsa legislatura furono i grillini a sollecitare l’attivazione delle Commissioni. Lo ricordano i tecnici della Camera. Ma l’allora presidente Laura Boldrini rispose picche, ricordando “l’esistenza di una prassi consolidata nel nostro sistema costituzionale, secondo la quale nei periodi di crisi di governo, si interrompe l’attività legislativa”. Oggi i Cinquestelle, che alla Camera esprimono il presidente, non si ribellano più a questo stato di immobilismo, comunque (ben) retribuito. Volevano aprire le istituzioni come una scatola di tonno. Lo hanno fatto. E dentro ci hanno trovato il sashimi.

      

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